Sotto il velo dell’impostura. Di burka, burkini e PornoBurka.
Nel mezzo di una strada moderna della Barcellona alternativa e diversa, cosmopolita, appare senza complessi, senza rimorsi, senza colpa apparente, senza aver chiesto permesso né averne avuto, né più né meno, un burka. Una donna sotto un burka, sarebbe giusto dire, ma il primo termine non importa. Di donne ce ne sono molte, di burka, no. Un burka sopra una donna scomparsa, inghiottita da una griglia azzurra che incornicia di filigrana gli occhi che non si vedono. Non si vede niente, né le mani, coperte da guanti, né le caviglie, coperte da calzini. Niente e, ciononostante, tutto. Si vede il burka. C’è bisogno di vedere qualcosa di più? […] Un burka. Afghanistan, il nome maledetto o benedetto secondo il lato da cui si guarda, il nome che rimette tutti al loro posto, che scopre chi è chi a migliaia di km dal posto dove ciascuno è qualcosa. Peshawar, i campi profughi, la sodomia, i talebani, l’11 settembre e il Kashmir, strappato dai maledetti indigeni. I pashtun, i patti, Musharraf, la bomba atomica, gli Stati Uniti, l’Iran, un islam o l’altro e ancora più in là. E adesso tutto ricomincia, sta qui in forma di burka. Stai con loro o contro di loro, sei dei nostri o stai fuori?
Smontare narrazioni tossiche. La prostituta nigeriana
In un intervento presentato nel 2005 al convegno “Il mito del buon italiano tra repressione del ribellismo e guerre civili” che aveva come oggetto i crimini sessuali del colonialismo fascista nel Corno d’Africa, Nicoletta Poidimani analizzava come la rappresentazione delle donne africane, somale, eritree etiopi, ma anche libiche, a partire dal colonialismo liberale di fine ottocento è stata volta al loro appiattimento sull’identità sessuale, per di più connotata da ipersessualità. Tale rappresentazione, culminante nel mito della Venere nera, è stata autorizzata anche all’inizio del fascismo per legittimare lo stupro coloniale e per convogliare forza-lavoro maschile in quei territori. Continua a leggere →
Perugia. Sei denunce per contro-manifestazione sentinelle in piedi
dal collettivo Bellaqueer Perugia
Domenica 5 ottobre le strade e le piazze delle città italiane sono state invase da un fiume di gente festante, che con ironia e gioia ha travolto l’immobile oltranzismo cattolico omofobico e sessista delle “Sentinelle in piedi”, scese in piazza per sostenere una fantomatica libertà di espressione, di fatto per esprimersi contro l’agibilità sociale e politica e l’accesso ai diritti di donne, gay, lesbiche, trans etc..
L’esplosione di soggettività che li ha travolti ha messo in scena un protagonismo sociale differente, che non si limita alla difesa della libertà, ma è esso stesso esercizio e pratica della libertà. In tantissim* hanno riconquistato con una forza dirompente visibilità e agibilità politica in quegli spazi di vita quotidiana (la città stessa) che le politiche antisociali e liberticide dell’austerity sottraggono e rendono meno accessibili a tutt* ed ancora meno a chi rappresenta l’altro di una supposta neutralità del diritto (donne, gay, lesbiche, trans…). Continua a leggere →
L’essenziale e l’essenzialismo di un gesto
da Carmilla
Negli anni Settanta faceva irruzione nelle piazze un gesto, quello di due mani a L unite a formare il simbolo della vagina, che, come contraltare al pugno chiuso, per le donne voleva avere un carattere di appropriazione di se stesse e significare la presa di parola nella scena pubblica e nel dibattito politico.
Sessant’anni dopo la casa editrice DeriveApprodi gli dedica una pubblicazione, Aa. Vv. Il gesto femminista, a cura di Ilaria Bussoni e Raffaella Perna, pp. 166, € 20, ricostruendo una genealogia, raccogliendo documenti anche fotografici e cercando di comporre quanto di quel gesto si è sedimentato nel presente. Ne risulta un lavoro eterogeneo, non solo per la varietà dei contributi – dalla fotografia di Paola Agosti, al cinema di Alina Marazzi, all’espressioni artistiche passate in rassegna da Raffella Perna – ma anche per la diversità degli approcci e delle conclusioni cui le autrici pervengono. Continua a leggere →
L’interrogazione parlamentare sugli “attacchi” alle Sentinelle in piedi. Qualche riflessione
Bisogna riconoscere che le Sentinelle in piedi, o chi per loro, non sono proprio sprovvedute nella costruzione del loro perverso ordine del discorso. Nate all’indomani dell’approvazione alla Camera del DDL Scalfarotto, hanno cominciato a darsi appuntamento nelle piazze italiane con un libro in mano, senza profferir parola, dritte in piedi, lanciando dal web il loro invito a scendere in piazza a leggere, in piedi, per difendere la libertà di espressione, in silenzio. Continua a leggere →
Le sentinelle in piedi e la governance neoliberale delle differenze
Il 29 marzo a Perugia si sono riunite le “sentinelle in piedi” che, dopo l’approvazione alla Camera del DDL Scalfarotto, comunemente noto come legge anti-omofobia, hanno cominciato a darsi appuntamento nelle piazze italiane per riaffermare, a quanto sostengono nel loro sito, il diritto di essere sempre e comunque liberi di esprimersi, che, detto così, sembrerebbe voler significare anche quando si è omotransfobici. Qui il report dell’intervento di alcun@ che hanno contestato pacificamente la veglia e sono stat@ prontamente identificat@ dalla polizia.
Di seguito, un’analisi sul retroterra neofondamentalista delle sentinelle “per la libertà” ai tempi del neoliberalismo. Continua a leggere →
Come l’attivismo anti-violenza mi ha spinto a diventare un’abolizionista del carcere
Traduzione di un articolo di Beth E. Richie apparso su The feminist wire
La scelta di tradurre e pubblicare questo articolo è motivata in larga misura dallo stato in cui versa il femminismo bianco, liberale e borghese, italiano e non solo. Pur nella specificità e nella diversità dei contesti cui Beth Richie fa riferimento, l’approccio del femminismo nero alla violenza offre indicazioni di analisi e di metodo molto più complesse e complete, pressocchè ignorate non solo in Italia, ma più generalmente in Europa, da quel femminismo bianco liberal-borghese che ha monopolizzato il dibattito, impoverendolo e spostandolo a destra. Quest’ultimo, infatti, è stato ridotto ad un essenzialismo vaginale che mistifica la realtà, sorvola sulle numerose disuguaglianze che strutturano gerarchie di potere fra le donne stesse, invoca un ricorso sempre più massiccio alla logica della carcerabilità e tace sulla violenza che anche lo stato perpetua contro le donne, in particolare quelle non europee, appartenenti alle classi sociali medio-basse e non conformi al genere. Continua a leggere →
I confini di genere dell’Europa
Da Euronomade
Il 26 febbraio Il Parlamento Europeo ha approvato la risoluzione basata sul rapporto presentato dalla deputata laburista Mary Honeyball che, pur non avendo carattere vincolante per gli stati membri, indica le linee guida in materia di prostituzione, individuando come riferimento il cosiddetto modello nordico, cioè quello abolizionista in vigore in Svezia, Irlanda e Norvegia e da dicembre anche in Francia. Il voto sulla risoluzione, con 343 favorevoli, 139 contrari e 105 astenuti, è stato trasversale, perché in linea di massima quasi equamente distribuito tra le fila dei conservatori del centro-destra (PPE) e quelle dei Socialisti e Democratici (S&D)
Non possiamo comprendere le indicazioni politiche del parlamento europeo, se non effettuiamo una analisi della dimensione di genere dentro il piano di ri/produzione dei confini della governance europea e degli stessi confini nazionali. Continua a leggere →
Chile: risignificare l’8 marzo, giorno di lotta femminista.
Manifestando il rifiuto del ruolo svolto dal Servizio Nazionale delle donna (Sernam) nella protezione del genere femminile, un gruppo di attiviste incappucciate ieri ha realizzato un signolare atto di protesta davanti alla sede dell’organismo nel centro di Concepciòn. A giudizio del gruppo di lesbiche e femministe autonome, il Servizio nazionale della donna svolge un ruolo debole e paternalista, che perpetua la vittimizzazione delle donne, le aggressioni della polizia alle mapuche, il sessismo, la lesbofobia, la violenza di genere, il femminicidio e la negazione dell’aborto.
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