Archivi della categoria: femminismo carcerario

#25N e sorelle Mirabal – Cosa c’entra il femminismo con lo stato?

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Non possiamo che essere contente che sia finita la sfiancante giornata del 25 novembre. In tante, infatti, non ne potevamo più di veder girare sui media e sui social network spose insanguintate, donne pestate, bocche cucite, addirittura icone dei cartoni animati ritoccate con lividi e occhi pesti, segno dellorrido e macabro senso di estetica della violenza alla quale vorrebbero abituarci. Non ne potevamo più perché ci ha nauseato questo raccapricciante e mortifero gusto per l’orrido e per il macabro,  ma soprattutto perché ci disgusta ancora di più  il rovesciamento di senso che questa giornata cerca di operare sulle questioni per noi importanti. Ma cosa centra il femminismo con lo stato? cosa c entra il femminismo con le Nazioni Unite? ripassiamo un attimo di storia.

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L’essenziale e l’essenzialismo di un gesto

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da Carmilla

Negli anni Settanta faceva irruzione nelle piazze un gesto, quello di due mani a L unite a formare il simbolo della vagina, che, come contraltare al pugno chiuso, per le donne voleva avere un carattere di appropriazione di se stesse e significare la presa di parola nella scena pubblica e nel dibattito politico.
Sessant’anni dopo la casa editrice DeriveApprodi gli dedica una pubblicazione, Aa. Vv. Il gesto femminista, a cura di Ilaria Bussoni e Raffaella Perna, pp. 166, € 20, ricostruendo una genealogia, raccogliendo documenti anche fotografici e cercando di comporre quanto di quel gesto si è sedimentato nel presente. Ne risulta un lavoro eterogeneo, non solo per la varietà dei contributi – dalla fotografia di Paola Agosti, al cinema di Alina Marazzi, all’espressioni artistiche passate in rassegna da Raffella Perna – ma anche per la diversità degli approcci e delle conclusioni cui le autrici pervengono. Continua a leggere →

Come l’attivismo anti-violenza mi ha spinto a diventare un’abolizionista del carcere

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Traduzione di un articolo di Beth E. Richie apparso su The feminist wire

La scelta di tradurre e pubblicare questo articolo è motivata in larga misura dallo stato in cui versa il femminismo bianco, liberale e borghese, italiano e non solo. Pur nella specificità e nella diversità dei contesti cui Beth Richie fa riferimento, l’approccio del femminismo nero alla violenza offre indicazioni di analisi e di metodo molto più complesse e complete, pressocchè ignorate non solo in Italia, ma più generalmente in Europa, da quel femminismo bianco liberal-borghese che ha monopolizzato il dibattito, impoverendolo e spostandolo a destra. Quest’ultimo, infatti, è stato ridotto  ad un essenzialismo vaginale che mistifica la realtà, sorvola  sulle numerose  disuguaglianze che strutturano gerarchie di potere fra le donne stesse, invoca un ricorso sempre più massiccio alla logica della carcerabilità e tace sulla violenza che anche lo stato perpetua contro le donne, in particolare  quelle non europee,  appartenenti alle classi sociali medio-basse e non conformi al genere.  Continua a leggere →

I confini di genere dell’Europa

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Da Euronomade

Il 26 febbraio Il Parlamento Europeo ha approvato la risoluzione basata sul rapporto presentato dalla deputata laburista Mary Honeyball che, pur non avendo carattere vincolante per gli stati membri, indica le linee guida in materia di prostituzione, individuando come riferimento il cosiddetto modello nordico, cioè quello abolizionista in vigore in Svezia, Irlanda e Norvegia e da dicembre anche in Francia. Il voto sulla risoluzione, con 343 favorevoli, 139 contrari e 105 astenuti, è stato trasversale, perché in linea di massima quasi equamente distribuito tra le fila dei conservatori del centro-destra (PPE) e quelle dei Socialisti e Democratici (S&D)

Non possiamo comprendere le indicazioni politiche del parlamento europeo, se non effettuiamo una analisi della dimensione di genere dentro il piano di ri/produzione dei confini della governance europea e degli stessi confini nazionali. Continua a leggere →

Il femminismo può salvare la Francia dall’Islam: ecco il vero messaggio di Majorité Opprimée

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Traduzione di un articolo di Richard Seymour, pubblicato dal Guardian

Il video che rovescia i ruoli di genere afferma di puntare su sessismo e omofobia. Ma la sua essenza è un bigottismo di classe, razzismo e misoginia.

Il sessismo e l’omofobia nella cultura moderna sono come una “marea nera” secondo Eléonore Pourriat, regista del cortometraggio Majorité Opprimée, che ha fatto un giro virale questa settimana. Il video di 10 minuti esplora come dovrebbe essere la vita per gli uomini se i ruoli di genere fossero invertiti. Continua a leggere →

Copiose manciate di fumo negli occhi. Riflessioni sulla Francia e l’aborto

ManoGabbia_480La notizia della recente riforma della normativa che in Francia regola l’aborto legale sta sollecitando in Italia entusiasmi un po’ troppo facili, a parere di chi scrive. Innanzitutto, l’aborto in Francia era già legale e permesso a tutte coloro che si trovassero in una situazione di sofferenza a causa del loro stato. Una clausola oltremodo vaga e facilmente aggirabile, che non sappiamo quanto  fosse di ostacolo concreto a coloro che volessero abortire, probabilmente non più di quanto lo sia l’obiezione di coscienza in Italia. Continua a leggere →

One billion Rising, Eve Ensler e le contraddizioni del femminismo carcerario*

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Da Prison Culture

Eve Ensler sembra aver scoperto la violenza di stato…per molti versi nello stesso modo in cui Colombo scoprì l’America. Si è dichiarata pronta a discutere e affrontare le conseguenze negative della criminalizzazione in aumento. Non più di qualche mese fa, il One billion rising, la campagna globale anti-violenza di Ensler, incoraggiava  le sopravvissute alla violenza interpersonale innanzitutto a riferire  di stupri e  aggressioni alle forze dell’ordine. Questa, secondo la campagna, era la strada per costringere coloro che perpetuano violenza a “farsi carico” delle loro azioni. Continua a leggere →

Donne #Pd, securitarismo e salvaguardia del sedere della badante

Al di là del Buco

donnelibertàRiassumevo ieri delle donne del Pd e Snoq che a Perugia hanno invitato Loredana Lipperini a presentare il libro sul femminicidio che lei ha scritto con Michela Murgia. Come Loredana scrive nel suo report ha finito, suo malgrado, per fare la foglia di fico di un incontro in cui del libro non s’è praticamente parlato, con le presenti che si barcamenavano con argomenti alquanto opinabili per difendere il Dl Femminicidio che evidentemente non solo rivendicano ma non hanno alcuna voglia sia modificato. Alla faccia delle 60 pagine di ragioni che Barbara Spinelli ha scritto per smontare quel mostro normativo securitario e repressivo che orienta solo soldi in direzione di polizie ed esercito legittimando autoritarismi anche contro migranti (il furto di rame) e NoTav (l’uso dell’esercito per rafforzare ordine pubblico e ampliamento zone di vario interesse da mettere in “sicurezza”).

Tra tanto bla bla si è inserita dal pubblico La PantaFika (

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Perugia: le PDemocratiche in festa rivendicano di aver messo in sicurezza le donne

Sabato 14 settembre, alla libreria Feltrinelli di Perugia, nell’ambito della festa delle democratiche, si è tenuto un incontro a partire dalla presentazione de L’ho uccisa perché l’amavo, di Lipperini-Murgia. Partecipavano Loredana Lipperini, Maria Grazia Passuello, presidente di Solidea, l’assessora alle pari opportunità del comune di Perugia,  Lorena Pesaresi, la senatrice Maria Grazia Cirinnà e la deputata Fabrizia Giuliani, entrambe nelle rispettive commissioni Giustizia. Coordinava Maria Grazia Pugliese, PD Firenze.

Arrivo con mezz’ora di ritardo – gli autobus, a Perugia, sono vecchi, lenti, spesso si fermano per strada e ciononostante il prezzo del biglietto aumenta – e trovo una platea risicata, una trentina di persone, quasi esclusivamente donne, alcune delle quali sono facce abbastanza note, funzionarie di partito del PD. Continua a leggere →

Desde Bolivia hasta Italia: di leggi femminicide, securitarismi e ipocrisie

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Non c’è niente di più simile ad un maschilista di destra che un maschilista di sinistra

Il 9 marzo scorso, in Bolivia è stata varata una legge sul femminicidio che, oltre a prevedere fino a 30 anni di reclusione come massimo della pena, stabilisce anche l’istituzione di tribunali e pubblici ministeri speciali ed una task force della polizia, i cui poteri vengono rafforzati per contrastare più efficacemente la violenza sulle donne. L’approvazione della legge da parte del governo di Evo Morales è stata salutata con entusiasmo in Italia, soprattutto da una sinistra che non ha mancato di sottolineare il ritardo del belpaese in materia e che, all’indomani delle elezioni, si è affannata a dimostrare di voler colmare il gap.  Agli e alle ammirator* facilmente entusiasmabili di Evo Morales  è però sfuggita la protesta di Mujeres Creando, collettivo anarco-femminista impegnato da  più di venti anni non solo nel contrasto alla violenza di genere, ma anche nella lotta all’omofobia, alla povertà, nonché alle pratiche autoritarie interne alla sinistra boliviana. Continua a leggere →