Le sfumature di rabbia di Rafeef Ziadah

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Il testo che segue è una traduzione di All shades of anger, brano che apre Hadeel, album di esordio di Rafeef Ziadah, artista e attivista palestinese. Il lavoro di Ziadah si inserisce nei movimenti che spingono per boicottare, disinvestire e sanzionare l’apartheid portata avanti da Israele. Il suo album non vuole essere solo un’ode alla Palestina, ma uno strumento che dia voce all’oppressione e alla violenza perpetrata sulla popolazione palestinese anche grazie al silenzio e alla connivenza delle sedicenti democrazie occidentali.
Con 12 brani. Ziadah dipana i fili di un intenso viaggio nella sua diaspora di rifugiata, attraversando gli incroci tra razzismo, sessismo e povertà. All shades of anger celebra lo spirito della resistenza all’occupazione delle donne arabe, unendo a questa resistenza la lotta contro la misoginia e il bigottismo e smantellando la varietà dei modi in cui le donne arabe sono disumanizzate dall’apartheid e dalla pulizia etnica di Israele.

Ho scritto questa poesia mentre stavo facendo un’azione diretta nella mia università.C’erano cittadini palestinesi e soldati israeliani. Mi sento parecchio piccola in queste situazioni così ho pensato: “Sarò soltanto una palestinese, mi rifiuto di essere una colonizzatrice o una militare!” Così ero stesa a terra e questo tizio è venuto, mi ha tirato un calcio all’altezza dell’intestino e ha detto: “ti meriti di essere stuprata prima di avere i tuoi figli terroristi!”
Al momento non ho risposto nulla, ma poi ho scritto questa poesia per questo giovane gentiluomo.

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Tutte le sfumature di rabbia

Permettimi di parlare in arabo, la mia lingua, prima che occupino anche quella
Permettimi di parlare la mia lingua madre prima che colonizzino anche la sua memoria
Sono una donna araba di colore e noi veniamo con tutte le sfumature di rabbia
Tutto ciò che mio nonno ha mai desiderato fare era alzarsi all’alba
e guardare mia nonna inginocchiarsi
e pregare in un villaggio nascosto tra Yaffah e Haiffa.
Mia madre è nata sotto un albero di olivo
in una terra che dicono non è più mia.
Ma io attraverserò le loro barriere,
i loro checkpoints, il loro dannato muro di apartheid
e ritornerò alla mia terra d’origine.
E hai sentito mia sorella urlare ieri,
mentre partoriva ad un checkpoint
con i soldati israeliani che le guardavano tra le gambe
la loro prossima minaccia demografica? Ha chiamato la sua bambina Janeen.

E hai sentito Amna Muna che urlava dietro le sbarre della sua prigione
mentre riempivano di gas la sua cella?
Stiamo tornando a Falasteen
Sono una donna araba di colore e noi veniamo con tutte le sfumature di rabbia
Ma tu mi dici che il mio utero ti porterà solo il prossimo terrorista.
Che si fa crescere la barba, armato di pistola, con un copricapo, negro di sabbia.
Tu mi dici che mando i miei figli a morire
Ma quelli sono i tuoi fighi cani da guardia
i tuoi F16 nel nostro cielo
E parliamo del business del terrorismo, per un secondo
Non è la Cia ad uccidere
E che ha portato Osama al potere?
I miei nonni non sono andati in giro come pagliacci
Con cappe bianche e cappucci bianchi
A linciare gente di colore.
Sono una donna araba di colore e noi veniamo con tutte le sfumature di rabbia
Così, chi è quella donna nera che urla durante una manifestazione?
Scusate. Non dovrei urlare?
Ho dimenticato di essere il tuo sogno orientale,
il genio nella bottiglia, la danzatrice del ventre, la ragazza dell’harem, la donna araba che parla a bassa voce.
– “Si signore. No signore. Grazie per i panini al burro d’arachidi che ci piovono addosso dagli F16 del padrone”
Sì, i miei liberatori stanno uccidendo i miei figli e li chiamano danni collaterali.
Sono una donna araba di colore e noi veniamo con tutte le sfumature di rabbia
Allora lascia solo che ti dica, questo mio utero ti porterà soltanto il prossimo ribelle
con una pietra in una mano
e una bandiera palestinese nell’altra.

Sono una donna araba di colore
State attenti, state attenti alla mia rabbia.

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2 Risposte

  1. […] di estremisti, terroristi, e l’unica maniera in cui ragionano di donne altrove, piuttosto che dare spazio alla loro rabbia e voce, è quella che vorrà vederle in quanto vittime non già dell’oppressore d’occidente, […]

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